Riportiamo qui solo alcuni stralci, tra i più significativi, delle molte recensioni che hanno accompagnato le oltre 50 rappresentazioni di “Chi ha paura dell’Uomo Nero?”.
Per una panoramica più completa vi rimandiamo all’apposita pagina del sito del Coro Drammatico “Renato Condoleo”: http://www.cdrc.it/uomoneropress.html

“Il Giornale”, 18 marzo 2001
Lo spettacolo è un memoriale, ci trasforma in quei compagni di scuola che lo isolarono, che allora tacquero, che allora negarono. Ci fa indignare per la libertà negata, ci fa piangere con la sua mamma. Ci eleva alla condanna di ogni violenza.

Andrea Pannocchia, “La Nazione”, 21 marzo 2001
Attraverso un procedimento socratico, che insinua il dubbio in mezzo alle obiezioni di comodo del giornalista (…) Bussagli conduce un discorso “politico” ma non partitico che regala emozioni e brividi senza un attimo di noia.

Guido Giraudo, “Area”, aprile 2001
L’Uomo nero – protagonista del titolo e della rappresentazione – è dunque la oscura coscienza di un intero popolo dalla memoria troppo corta; è una maschera drammaticamente crudele, accusatrice, feroce che sa diventare – a tratti – anche farsesca, beffarda e sarcastica. Una maschera angosciante che scava nei ricordi di “una storia che fa ancora paura” e trova “quel” nome e con esso le cronache giornalistiche, gli atti giudiziari, le testimonianze… “quella” memoria perduta o cancellata per comodità e vigliaccheria.
L’Uomo nero “sa” come andarono le cose, è capace di leggere tra le righe della narrazione, di ricostruire i meccanismi che generarono la violenza, resero possibile l’impunità, consentirono la rimozione. (…)
Tuttavia l’Uomo nero – che sommerge con i suoi monologhi impetuosi e taglienti il grigio giornalista dalla memoria miope – mano a mano che la verità emerge, che la vicenda si ricostruisce, che lo scempio si mostra nella sua cruda, vergognosa realtà, perde la sua maschera e, infine, anche i suoi neri paludamenti diventando così non più coscienza inquieta e rimossa ma morale limpida che sa trarre insegnamenti da quell’episodio.

Guido Giraudo, Il Secolo d’Italia, 14 settembre 2001
Avevamo dimenticato? Avevamo pensato che tutto fosse finito? Abbiamo pensato di aver ormai superato lo Stige ed essere tornati a “riveder le stelle” convinti, magari, di non dover pagare nessun viatico? Neppure alla nostra coscienza? Siamo dunque entrati nel terzo millennio lasciandoci alle spalle una scia di sangue e non sentiamo rimorso, né paura, né vergogna?
Siamo ora “politically correct” con le nostre grisaglie e le parole buone sempre solo sussurrate, ma chi può cancellare quell’orrore? Peggio, chi è che osa addirittura negarlo, per riproporre ad un’altra generazione lo stesso “gioco”, la stesa trappola, con le identiche parole d’ordine?
A queste domande risponde una maschera nera, una presenza inquietante, paurosamente severa. Con lei, sul palcoscenico, irrompe la nostra stessa vita. E’ l’Uomo Nero, la coscienza negata, la storia dimenticata, il debito mai pagato. Eccolo, è tornato a far paura ai vili, a scuotere gli ignavi a far tremare le assi del palcoscenico e le nostre misere certezze. (…) E voi, uomini sbiaditi, non ci avete mai raccontato questa storia? Ci avete parlato di “anni formidabili”, di “impegno civile”, di “antifascismo militante”? Voi avete sempre mentito ed ora l’ombra nera della vostra coscienza vi accusa.

Eugen Galasso, “L’Alto Adige”, 5 novembre 2001
“Chi ha paura dell’uomo nero?” (…) è un testo che va ben oltre il panphlet e la polemica diretta (…) Efficacissima la scena, affastellata di documenti e giornali, con una sola sedie e macchina da scrivere, l’uso degli attori marionetta.

Guido Giraudo, “Area”, giugno 2001
La maschera tragica del teatro greco e il grande affresco storico ricostruito attraverso un singolo episodio li ritroviamo entrambi nel lavoro teatrale scritto e interpretato da Paolo Bussagli: “Chi ha paura dell’uomo nero” (…)

Marco Ferrazzoli, “Libero”, 9 dicembre 2001
Non siamo nel mondo degli uomini, recita il testo, parlando di una terra devastata, dove non cresce un filo d’erba, dove i frutti sugli alberi nascono già marci. Ramelli fu l’unico di destra ad esporsi nella sua scuola, criticando apertamente le BR.

Monica Guerzoni, “Corriere della Sera”, 14 dicembre 2001
Chi ha paura dell’uomo nero?, pièce di Paolo Bussagli sulla morte di Sergio Ramelli, ucciso da Avanguardia Operaia nel ’75. Tempi in cui, ricorda Barbareschi (…) si gridava in piazza “uccidere un fascista non è un reato”. Un successo.

Gloria Sabatini, “Il Secolo d’Italia”, 14 dicembre 2001
Un invito che è già una catarsi. “Non fate come allora”. Un impegno. Dopo la scena del funerale negato, con le forze dell’ordine schierate davanti all’obitorio per impedire “l’adunata silenziosa”, l’Uomo Nero lascia cadere la maschera e ci guarda fissi negli occhi. Non dobbiamo avere paura. Mai più.

Andrea Cangini, “La Nazione”, 14 dicembre 2001
“Quella fu violenza giusta”, disse un filosofo in cattedra come Ludovico Geymonat. E anche questo sembrò normale (…) Al termine dello spettacolo qualcuno piangeva…

Aldo Cazzullo, “La Stampa”, 14 dicembre 2001
Ricordare gli amici “come una carezza del vento” è cosa diversa da mitomanie e nostalgie. (…) E’ certo un lascito di quando la destra era una comunità chiusa e perseguitata; ma è anche un segno di un’identità definita, di una consapevolezza di sé e del proprio passato.

Natalia Lombardo, “L’Unità”, 14 dicembre 2001
Ora che la destra è al governo vuole occupare anche gli spazi della cultura, si vuole riscattare da quello che ha considerato un predominio della sinistra. Ci prova con il teatro, affrontando un tema difficile in modo efficace sulla scena, politicamente non così pluralista come vorrebbe mostrarsi.