La canzone sicuramente la più conosciuta (il cui testo è pubblicato in apertura del libro) fu scritta da Zeno Borsaro e Paolo Scaravelli del gruppo veronese ZPM che la pubblicarono, nel 1977, nella loro prima musicassetta: “Una voce controvento”.

 

Primavera a marzo era entrata,
era entrata a Milano,
ne avvertivi il tepore
e tra il fumo e il cielo lontano
ne avvertivi la gioia
nella ragazza che tu
tenevi per mano.
Finalmente l’ultima campana,
è finita la scuola
anche per oggi potrai tornare
a casa tua per riposare
ma sotto casa,
davanti al portone,
ti attendeva la morte,
non ne immaginavi l’assurda ragione.
Un colpo, due colpi e altri colpi sul capo,
finché non furono certi di averti finito
i loro volti eran coperti dal rosso
come il tuo volto dal sangue
che avevi già addosso.
La morte di un tempo aveva la falce,
la morte di oggi ha pure il martello,
lasciò la sua firma su quel muro di calce,
proprio di fronte al tuo cancello.

Per quarantasette giorni una madre
ha sperato e pregato accanto al letto del figlio morente
fino a quando una notte il suo cuore ha ceduto ma alla gente non importò niente.
Era morto un”Fascista”,
non valeva la pena
guastarsi l’appetito
o rovinarsi una cena.
Era morto un”Fascista”,
andava in fretta sepolto
avevan paura
anche di un morto.
Andava sepolto e dimenticato
Perché così vuole la giustizia del proletariato.
Era morto un”Fascista”
e andava in fretta sepolto,
avevan paura
anche di un morto.