Gli assassini
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Nessuno degli aggressori di Sergio provò un benché minimo senso di orrore, di smarrimento o di pentimento dopo l’aggressione. Pur sapendo che quel ragazzo che avevano colpito era morto, nessuno pensò di costituirsi o di abbandonare il branco assassino, anzi, continuarono a pestare “fascisti” anche nei giorni in cui Sergio era all’ospedale e, un anno dopo, erano ancora tutti insieme ad assaltare un bar dove ferirono decine di persone una delle quali rimase tutta la vita paralizzata. La loro unica “preoccupazione”, semmai, era quella di non farsi prendere; preoccupazione inutile perché né la polizia, né tanto meno la magistrata mossero un dito per cercare gli assassini di quel ragazzo “scomodo”. Fu solo per caso che, dieci anni dopo, nel corso di un processo a Prima Linea, saltò fuori un gruppo di pentiti che accusarono il servizio d’ordine di Avanguardia Operaia di aver assassinato Sergio Ramelli. Solo così, uno dopo l’altro, saltarono fuori i nomi dei responsabili e, tra essi, anche quelli di esponenti politici “di spicco” di Democrazia proletaria. Tutti furono arrestati e confessarono, gettando nello sgomento giornalisti e uomini politici di sinistra.